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martedì 16 dicembre 2014

La Storia Dimenticata

 Marsilio da Padova - immagine tratta da http://s2.stliq.com/gtnew/bg/m/marsilio-da-padova.jpg

Marsilio da Padova, chi era costui? Se si procedesse ad un sondaggio tra le persone comuni di media cultura, quanti sarebbero in grado di rispondere? Risposta: pochi, quasi nessuno, solo gli addetti ai lavori. Marsilio Mainardini nasce a Padova verso la fine del 1200 da una famiglia di notai universitari. Agli inizi del '300, poco più che ventenne, si trasferisce alla Facoltà delle Arti di Parigi di cui diventerà rettore. Per arti si intendono quelle materie che derivano dalla filosofia naturale e cioè lo studio della natura, delle scienze e della matematica che sono considerate, all'epoca, le materie minori, mentre le facoltà maggiori sono quelle derivanti dallo studio metafisico della teologia e quelle  più lucrative di medicina e di giurisprudenza. Marsilio ha già studiato medicina e godrà di buona reputazione professionale anche presso l'imperatore di Germania. La facoltà delle arti, pur nelle sue numerose difficoltà economiche, rappresentava una fucina di idee ed era frequentata da gente giovane anche se la maggior parte non era benestante. Era una facoltà aperta in cui i giovani respiravano una libertà intellettuale che non era presente nelle altre facoltà universitarie.  Fin qui nulla di particolare, ma é il contesto storico in cui vive Marsilio che determinerà successivamente la sua fama e lo porterà ad essere uno dei maggiori autori della filosofia politica di tutti i tempi. Siamo nel periodo in cui la sede papale si é spostata da Roma ad Avignone e vengono eletti papi francesi. Lo spostamento é avvenuto dopo la morte del discusso papa Bonifacio VIII e in seguito allo scontro con il re di Francia Filippo il Bello. I papi francesi perseguono però la loro politica di supremazia spirituale (e temporale), pretesa  già da Bonifacio, nei confronti dell'imperatore di Germania Ludovico. Lo scontro é molto duro ed il mondo intellettuale e politico di allora si divide profondamente. Marsilio difende la supremazia e l'indipendenza dell'imperatore che gli costerà successivamente la scomunica papale in seguito al suo trattato scritto per confermare le sue idee : il Defensor Pacis, il Difensore dalla Pace. Ebbene questo trattato, a cui seguirà il Defensor Minor, é, a mio avviso, un'opera fondamentale che apre alla moderna concezione dello stato laico. Anticipando movimenti storici di natura filosofica e politica come l'umanesimo di Erasmo da Rotterdam e le filosofie illuministiche del '600 e '700, Marsilio tramite la sua opera getta le basi fondamentali dello stato moderno come noi lo intendiamo oggi. 
Tralasciando lo stile focoso e volutamente di parte, egli elenca i principi fondamentali a cui si deve attenere uno stato per essere giusto ed efficiente: 
a) la sua assoluta laicità;
b) l'idea che ogni individuo appartenente ad una comunità civile ha il diritto di vivere una vita "sufficiente" degna di essere vissuta e che prevede non solo una felicità metafisica  (in senso umano e immanente e non teologico e trascendente), ma anche il possesso di un minimo di beni materiali per vivere in modo dignitoso;
c) la supremazia e l'indipendenza della comunità laica e civile che é in grado di soddisfare al meglio i bisogni propri tramite la collegialità che delibera le leggi;
d) l'obbligo dell'osservanza coatta di tali leggi da parte dell'intera comunità (compresi i teologi ed i religiosi);
e) il mantenimento della pace civile che é elemento essenziale per rispettare i principi come sopra elencati;
f) solo la "Civitas" organizzata é in grado di legiferare super partes per il bene dell'intera comunità e non solo una parte faziosa di essa (la pretesa supremazia papale del suo tempo). 
Marsilio fa quindi una chiara e netta distinzione tra giustizia civile umana, che si persegue nell'arco della vita di ogni uomo, e la giustizia divina, che avverrà solo dopo la morte in una dimensione  spirituale ben diversa rispetto a quella umana.
Questi principi, sia chiaro, sono universali e sono validi per l'intera umanità senza distinzione di etnia, sesso, credo religioso e nel rispetto delle idee eticamente corrette di ogni singolo individuo, in ogni tempo e in qualsiasi luogo. Purtroppo questo pezzo di storia è quasi sconosciuto ai più e poco la scuola su tale argomento ci ha erudito.
Marsilio docet:  chapeau!


mercoledì 3 dicembre 2014

I Portatori Di Luce

Maxfield Parrish -The Lantern Bearers - 1908 - Crystal Bridges Museum of American Art



Si potrebbero trovare molte metafore per descrivere l'olio su tela di Maxfield Parrish qui riportato e molte, penso, calzerebbero "a pennello" (per restare in tema di pittura). Penso all'arte pittorica, pur non essendo un esperto, come ad una delle arti visive più stimolanti ed estensive dell'intimo immaginario. A volte ho la sensazione che i critici d'arte, pur nella loro encomiabile professione di divulgatori e giusti interpreti delle opere da loro analizzate, pongano limiti al libero arbitrio degli osservatori comuni. Non contaminazione interpretativa, intendiamoci, ma una dovuta riduzione pragmatica e "scientifica" dell'opera pittorica. Lasciando quindi i critici al loro qualificato lavoro, mi pongo spesso, davanti ad opere pittoriche che stimolano la mia fantasia, delle domande con la quali tento non tanto di dare una spiegazione alle emozioni ed alle intenzioni del loro autore, quanto di capire perché suscitino in me lo stimolo alla fantasia interpretativa. Il limite a questa operazione, non essendo un addetto ai lavori, é quello di capire la valenza tecnica dell'autore. Cioè, come diceva un mio caro amico molto più esperto di me, la differenza tra un'opera d'arte ed una spessa crosta di colore. 

Prendendo coscienza di questo mio indubbio limite tecnico, mi concentro quindi solo sulle mie personali sensazioni riducendo il tutto a recepire se il quadro mi piace o non mi piace e cioè se stimola il mio immaginario e mi produce piacevoli emozioni oppure no. Ebbene uno degli autori  le cui opere più mi colpiscono é appunto Parrish. I suoi quadri mi sembrano dipinti su ceramica smaltata che potrebbero essere collocati nelle pareti di palazzi reali di imperatori orientali. I vividi colori rappresentano quasi sempre momenti di intima meditazione o di pacato movimento in cui la staticità ha il sopravvento sulla dinamicità. Rappresentazioni esenti da paradossi stilistici ma, nello stesso tempo, allegoriche di intime situazioni emotive di chi le osserva. Del quadro in oggetto, i portatori di lanterne, mi colpiscono diverse cose. La prima é che tutti vestono uguali il costume di Pierrot, maschera che interpreta la risata malinconica del cuore, pagliaccio che affronta con astuta rassegnazione le avversità quotidiane di un mondo difficile, clown innamorato della luna di cui Parrish ne riporta la forma nelle lanterne e che loro si apprestano ad appendere all'albero della vita come luci opache all'imbrunire dell'esistenza. La seconda é la catena umana che si forma prendendo ognuno posizioni diverse per effettuare il passaggio delle lanterne da appendere. Questa catena assurge, a mio avviso, a simbolo della coesione sociale ed umana. La terza é come una sorta di silenzioso dialogo fatto di gesti e mimiche che indicano la comunicazione non verbale dei sentimenti umani nel collettivo sforzo di portare un po' di luce nell'imminente oscurità della vita.

Forse questa bizzarra interpretazione farà sorridere molte persone, soprattutto gli addetti ai lavori,  ma queste fantasie sono quelle che per me fanno la differenza tra autori che prediligo e autori che mi lasciano indifferente, indipendentemente dalle loro qualità tecnico-pittoriche.

Devastazioni Atmosferiche

Foto by Eugenio Acran Ottobre 2014




Foto relativa agli effetti devastanti della tromba d'aria che ha colpito il nostro territorio il 13 ottobre. Fenomeno già successo anche in passato, ma si rileva un aumento considerevole della potenza del vento e della massa d'acqua precipitata. Anomala anche la temperatura elevata per la stagione autunnale.

giovedì 20 novembre 2014

Oikos Nomos

Letteralmente tradotta in "regola familiare", ovvero l'Economia. Meglio, forse, "gestione delle risorse naturali".  Ma che cos'é veramente l'economia?  Il sostantivo é di solito seguito da un aggettivo che ne identifica il ruolo e il campo. Esempio: l'economia politica, l'economia monetaria, l'economia industriale, l'economia sociale, ecc. Sì, ma l'origine? Ed il fine? Si definisce spesso l'economia come una scienza inesatta perché soggetta a numerose variabili che spesso esulano dal campo scientifico come, ad esempio, comportamenti collettivi di natura psicologica o dettati dall'ambiente in cui si abita o determinati dalla cultura e dall'etica della società in cui si vive e lavora. L'illuminismo e le rivoluzioni industriali hanno determinato uno studio sistematico dei fenomeni economici con la nascita di teorie elaborate ed articolate da diverse scuole di pensiero spesso in contrapposizione tra loro. Alcune ideologie politiche hanno sperimentato forme di economia che si sono poi rivelate fallimentari. Allo stato attuale il capitalismo, nelle sue diverse forme e applicazioni, si considera il modello più sostenibile per creare un benessere il più diffuso possibile. Si accusano però diverse distorsioni di un sistema capitalistico mondiale nel quale la finanza ha già forse preso il sopravvento su quella che viene definita economia reale. Ma cosa si intende in concreto per economia reale? Sintetizzando al massimo: la produzione di beni e servizi. Nell'economia reale le fasi di intermediazione avvengono per mezzo della moneta e più in concreto dalle transazioni finanziarie. Altra domanda: che differenza esiste tra moneta e finanza? Semplificando ancora al massimo: la moneta é il veicolo convenzionale di scambio di beni e servizi e la finanzia ne é la sua trasposizione temporale creatrice di surrogati e derivati. Fermiamoci qui per quanto riguarda moneta e finanza. Si dovrebbero aprire infatti praterie immense di proposizioni per descriverne le origini, gli utilizzi, l'espansione abnorme e l'eccessivo abuso del sistema finanziario. Basti solo ricordare che le grandi crisi economiche mondiali del '900 e del nuovo millennio sono state determinate da un utilizzo a dir poco spregiudicato della finanza. Punto. Torniamo invece alla cosiddetta economia reale e cioè alla produzione di beni e servizi che si realizza attraverso quella fondamentale attività umana che si chiama lavoro. La grande questione su cui le varie teorie si sono dibattute, per quanto riguarda il modello del capitalismo che é quello attualmente ritenuto più efficiente, é se il mercato da solo abbia la capacità di regolare l'intera economia senza alcun intervento da parte dello stato (inteso in senso lato) oppure se il mercato gestito esclusivamente dai privati non abbia all'interno di sé, tramite domanda e offerta,  la capacità di autoregolarsi e apportare da solo le opportune modifiche alle norme di buon funzionamento senza l'intervento dello stato che per ottenere tale obiettivo deve spesso, ma non sempre, aumentare il debito pubblico. L'indicatore di riferimento oggi utilizzato: il PIL. Cioè la ricchezza totale di un paese, ma anche dell'intero mondo dato come sommatoria di tutti i PIL. Ecco la questione: la creazione e la redistribuzione della ricchezza non solo all'interno di ogni singolo paese tra i vari ceti sociali, ma anche tra i vari stati dell'intero mondo. Partiamo dalla creazione di ricchezza. Fino a quando sarà possibile creare nuova ricchezza ed espandere l'economia mondiale? Secondo i modelli attuali esiste solo un ostacolo: il concetto di limite terrestre. Il nostro pianeta é un corpo finito e le sue risorse sono finite. E' quindi plausibile con i modelli economici attuali e con lo sfruttamento assiduo contemporaneo delle risorse naturali sostenere una crescita infinita? La demografia ci indica una terra in sovraffollamento con prospettive di crescita della popolazione a tassi elevati che porterà, tranne impreviste catastrofi apocalittiche, ad avere risorse via via più limitate a partire da quell'elemento fondamentale che si chiama acqua ed inoltre, ovviamente, un inquinamento sempre più pesante e pericoloso per l'intero ecosistema. La risposta al quesito precedente? Applicando solo il buon senso é evidentemente negativa. Il rimedio? Cambiare politica economica. Pensare a modelli economici in cui si possa fermare l'indiscriminato sfruttamento dell nostra navicella spaziale chiamata Terra. Tutti, ma proprio tutti, dobbiamo renderci conto che qualcosa non va nell'economia attuale. Ci dobbiamo rendere conto che cambiare significa anche evitare gli effetti collaterali che l'attuale modello economico produce e che potrebbero portare,  in tempi non molto lontani, ad un collasso dell'intero sistema. Già prendere coscienza di ciò sarà estremamente positivo e stimolante per portare i dovuti e radicali cambiamenti al sistema economico attuale pensando ed applicando nuovi modelli che siano sostenibili per l'intera umanità. 
Confido che l'intelligenza umana gestisca al meglio i suoi evidenti limiti.

venerdì 14 novembre 2014

Orthos Logos

 


 http://liberacarmen.blogspot.it/2012/02/ricordando-i-peanuts-grazie-schulz.htm




A volte ci si concentra solo su un punto di una proposizione o solo su una definizione o solo su un vocabolo e si tralascia il resto non afferrando il vero senso di ciò che si ascolta o si legge. Spesso però é lo stesso interlocutore che espone il concetto in forma distorta o ingannevole applicando tranelli logici o usando vocaboli al posto di altri con significati contrari o, a volte, sinonimi di affermazioni negative. La vignetta qui accanto é invece abbastanza esplicita ed é il povero Charlie Brown che intende quello che vuol intendere conoscendo la terribile  serpe che si trova difronte. Ma i più infidi sono gli inganni logici con i quali qualcuno ti induce a considerare un'azione riprovevole sul piano etico come fosse una buona azione.

Anch'io sono rimasto vittima di una di queste situazioni dalla quale, come si usa nel gergo popolare, ne uscii "becco e bastonato". Trattasi, tra l'altro, di un episodio accaduto con un caro amico che mi ha insegnato che la retta via del pensiero etico, l'orthos logos di aristotelica memoria, é pieno di insidie e di spiacevoli trabocchetti. 

In un tempo non troppo lontano, durante un'escursione in montain bike con il mio amico Beppe, dopo aver percorso un lungo tragitto ci fermammo un po', come nostra consuetudine, all'ombra di alcuni alberi per riposarci e mettere sotto i denti qualcosa da mangiare. Mi tolsi lo zainetto dalle spalle e presi due arance in esso contenute. I due frutti, molto grandi e di bell'aspetto, erano perfettamente identici e ne offrii uno a Beppe il quale se lo mangiò senza fiatare. Dopo alcuni minuti anch'egli estrasse dal suo zaino due mele. Una era bella, grande, rotonda, rossa e di ottimo aspetto e l'altra era invece molto piccola, bitorzoluta e un po' ammaccata. In religioso silenzio il buon Beppe addentò subito la succulenta mela rossa e nel contempo mi porse quella asfittica. Rimasi basito. Sapevo che il buon Beppe ha, tra tanti pregi, anche quello di essere una persona molto generosa e non capii quel suo gesto scortese. Afferrai la mela e in modo piccato gli dissi: "Bell'amico che sei! Mi hai rifilato uno sgorbio di mela mentre tu ti sei sbafato quella migliore!". Beppe mi guardò di traverso come avessi detto una bestialità. Lasciò passare qualche minuto e poi mi rispose: "Scusa, ma se le mele le avessi avute tu quale avresti tenuta per te e quale invece mi avresti offerto?".  Senza indugio risposi: "Io sono un tuo amico e un gentleman e avrei tenuto per me la mela gibbosa e asfittica e ti avrei dato quella bella e succulenta!". E il Beppe di rimando: "Esatto! Sapevo che ti saresti tenuta la mela scorbutica ed é quello che io ho fatto per farti piacere!". Mi aveva chiuso nell'angolo della logica e non ebbi la prontezza di rispondergli anche perché non trovai in quel momento argomenti a mio favore. Il Beppe poi estrasse un'altra mela identica a quella che si era mangiato lui e candidamente me la offrì facendomi presente che non sempre il comportamento di una persona persegue lo stesso obiettivo degli altri e che il giudizio deve rimanere sospeso finché non si é a conoscenza delle vere intenzioni di chi tale comportamento mette in atto. Gli feci comunque notare che qualunque buona intenzione egli avesse nei miei confronti, lui mi aveva rifilato una sòla giocando sì sulle buone intenzioni ma non le sue, ma le mie. Non é corretto attribuire ad altri soggetti affermazioni che riguardano le proprie intenzioni anche se politicamente corrette.

lunedì 10 novembre 2014

Diaspora Esagonale

La stella di David rappresenta lo stato d'Israele ed é, più in generale, il simbolo per eccellenza del popolo ebraico. Le sue origini teosofiche risalgono a tempi lontani e viene raffigurato da altri popoli orientali ed utilizzato anche nell'occultismo. Ci sono varie ipotesi sul suo significato. Nei riferimenti ebraici sulla sua natura i due triangoli equilateri sovrapposti, che formano un esagramma, potrebbero rappresentare la prima e l'ultima delle due lettere "D" comprese nel nome di David, dove la "D" ebraica é molto simile alla lettera delta greca la cui grafia é appunto un triangolo. Ci sono poi altre spiegazioni relative alle motivazioni per cui il popolo ebraico ha assunto questo simbolo a sua rappresentanza ma, in questo contesto, non sono rilevanti. Ci hanno pensato anche i matematici a darci spiegazioni sull'eleganza di questa figura geometrica composita, utilizzata in vari settori di tale disciplina.

Partendo da questi presupposti mi sono chiesto se esistesse, in una realtà più recondita e profonda, una motivazione storica per cui tale simbolo é stato poi ripreso e utilizzato dal sionismo per farne l'emblema dello stato moderno d'Israele nonché la propria bandiera. Chiarisco subito che questo scritto non ha nessuna attinenza con l'antisemitismo e che, anzi, chi scrive tenta di comprendere, al di là dell'utilizzo della semeiotica storico-etnica-culturale, che cosa sia successo nella storia al popolo ebraico. Assurgo allora il simbolo esagrammatico della stella di David come raffigurazione della rosa dei venti che indica le direttrici della diaspora mondiale del popolo da esso rappresentato. Sì, la diaspora ebraica ha qualcosa di speciale e unico nella storia dei popoli della terra. I fenomeni migratori sono sempre stati presenti nella storia dell'umanità. Le invasioni, le guerre, gli stermini di intere popolazioni hanno segnato la storia di molti popoli, ma anche le migrazioni pacifiche hanno poi portato ad integrare popoli di etnie e culture diverse. Il popolo ebraico ha invece una storia a se stante che non  ha paragone con nessun altro popolo del mondo. La sua é la diaspora per antonomasia. Gli spostamenti forzati di massa a cui gli ebrei sono stati sottoposti nella loro storia non ha eguali al mondo. L'odio suscitato trasversalmente da moltissimi altri popoli della terra nei loro confronti ha portato a persecuzioni di portata biblica, con indiscriminati stermini e massacri di massa e con editti di espulsione totale da interi paesi in cui erano "ospiti indesiderati". I più mistificati e insensati pregiudizi nei loro confronti hanno dato origine, nel corso della storia, a ingiustificate superstizioni con relative e terrificanti persecuzioni. Questi presupposti hanno permeato la struttura sociale degli ebrei.  La loro difficile integrazione presso gli altri popoli ha suscitato sospetti e per loro sono stati creati spazi appositamente delimitati e controllati con la nascita di un neologismo italiano che ne definisce anche la natura: il ghetto. 

Eppure qualcuno, esterno al mondo ebraico, ha evidenziato che la storia dell'umanità sarebbe stata molto diversa se fossero venuti a mancare alcuni personaggi ebrei che hanno cambiato per sempre il suo corso. Qualche nome? Einstein, Freud, Plank, Oppenheimer, SchrödingerFermi, Pontecorvo, Born, Hertz, Levi Civita, Meitner, Segré, Teller, Von Neumann, Willstatter, Volterra e circa altri cento per le scienze matematiche, fisiche e chimiche. Per la teologia religiosa ne basta uno: Gesù Cristo. Mahler, Block, Bernstein, Gershwin, Brod, Hermann e altri per la composizione musicale.  Dylan, Kravitz, Streisand, Knopfler, Guetta, Carmen, Simon, Pink, Alpert, Stein, Hoffs e forse altri cento per la musica contemporanea. Andiamo avanti? Non serve. Qualcuno ha osservato che tutti gli altri "Grandi" dell'umanità non sono ebrei e sono tanti, molti di più. Corretto? Certo, in assoluto. Ma in proporzione numerica non esiste una concentrazione così alta di personaggi rilevanti negli altri popoli e, soprattutto, per la portata eccezionale delle loro scoperte. Questione di geni? Non é dato saperlo e forse non è provabile. Una cosa però io penso abbia influito nel produrre un numero così alto di personalità nel mondo ebraico: la diaspora. La loro storia legata a tutto il mondo e a nessun paese. La loro "liquidità" sociale senza radici. Una forzata migrazione per l'intero pianeta. Sempre in viaggio in un perenne nomadismo fisico e mentale privo di confini e radicato in tradizioni spesso non appariscenti ma subliminali alla loro identità. Un continuo ed estenuante equilibrio di adattamento alle diverse situazioni ambientali, allo scambio con le altre culture e con altre tradizioni. L'adattarsi ad attività non radicate e facilmente liquidabili e trasportabili come la finanza, la moneta, i metalli preziosi, i gioielli, la musica, la recitazione, la scienza, l'insegnamento, l'arte e, non ultimo, la politica. Lo sforzo immane di capire e di comprendere il meccanismo che muove il mondo, che regola la natura e che ne persegue l'oscuro scopo. Il pensiero errante, trasfigurazione dell'ebreo errante medioevale, rappresenta la fucina delle loro idee ed il raffinatore delle loro rivoluzionarie teorie. Le traversie della loro storia hanno stimolato le loro agilità mentali inducendoli in una continua ricerca di una possibile variante alla realtà vissuta, come un atleta in continuo allenamento. Né superiorità né inferiorità, ma equilibrismo psicologico di mente aperte e vaccinate contro gli innumerevoli virus diffusi dai pregiudizi e dalla malignità.



mercoledì 29 ottobre 2014

Erosgonia


Immagine<a href="http://foto.libero.it/porzia9/Foto-profilo/bacio-di-amorini"

Erosgonia ovvero nascita dell'amore. Sì, ma di che amore stiamo parlando? Nella nostra lingua si usa questo vocabolo in modo generico e che ha molti significati e diverse sfumature. In altre lingue si utilizzano più vocaboli che identificano un ben preciso sentimento relativo al concetto di amore. Il greco antico utilizza molteplici definizioni come, ad esempio, agape, eros, filia, filarcia, kenodoxia, anterao e altri. Quando invece parliamo o scriviamo   in italiano dobbiamo sempre specificare il contesto in cui questo vocabolo viene utilizzato. Esistono evidentemente molti rapporti sentimentali che sono descritti da esso e spesso in modo improprio.

Se si volesse stilare una gerarchia semantica con valori discendenti si dovrebbe attribuire, ovviamente per chi ha una fede religiosa, il primato al rapporto con la divinità. Ma utilizzare la parola "amore" per esprimere un sentimento religioso nei confronti del divino é riduttivo e, forse, inopportuno. La divinità non é sufficiente amarla: si adora. L'adorazione é un sentimento di legame assoluto, perfetto, trascendete e insuperabile. Esso é posto al vertice dei rapporti sentimentali e, per chi crede, non esiste dedizione maggiore. Perciò esso non si addice alle relazioni emotive tra esseri umani. Nei rapporti parentali come, ad esempio, tra genitori e figli, nonni e nipoti, fratelli e sorelle, riconoscere il sentimento del legame di sangue con l'affermazione "ti amo" é invece inopportuno perché può provocare disorientamento o, peggio, dar adito ad equivoci. Nel legame di sangue si esprime quindi i propri sentimenti affettivi con l'affermazione "ti voglio bene", con accezione più ampia ed equilibrata rispetto all'amore in senso stretto. La parola "ti amo" è invece universalmente impiegata per esternare il coinvolgimento e l'adesione ad un rapporto sentimentale tra due persone che comprende anche, tra altre importanti motivazioni, la sfera sessuale. Infatti, per mezzo dell'atto sessuale, il genere umano procede al suo perpetuarsi nel tempo esprimendo così la sua aspirazione terrena di eternità. Questo nell'intento biologico, ma il genere umano é continuamente soggetto ad evoluzioni e mutazioni sia in campo sociale sia in campo intellettuale. L'ambito sessuale è divenuto quindi non più unicamente la realizzazione di un progetto evolutivo, ma si é elevato (o ridotto?) a elemento di affermazione reciproca nel coinvolgimento sentimentale. Fin qui nulla di nuovo, Freud docet. Non considerando  gli eccessi dei comportamenti umani che portano a deviazioni o a depravazioni, ma analizzando il mero sentimento di amore reciproco tra due persone che  perseguono un progetto di vita comune, ci si può chiedere cosa veramente sia l'amore e quali implicazioni profonde porti in esso. Ci si può anche chiedere, viceversa, perché sia così frequentemente effimero e superficiale. Fa parte, forse, delle suddette evoluzioni e mutazioni intellettuali e sociali? Facciamo un esempio? Tempo fa una mia conoscente mi confidò che, oltre al compagno con cui viveva da parecchi anni, frequentava un altro uomo con cui aveva rapporti intimi. Il fatto, mi spiegava la mia interlocutrice, era che lei si sentiva veramente innamorata di tutt'e due le persone. Provava ancora amore ed attrazione per il suo compagno storico, ma provava anche lo stesso identico sentimento verso il nuovo compagno. Sono convinto che la persona in questione fosse in buona fede e nessuno si può permettere di giudicare e condannare i comportamenti dettati dal sentimento e dalle emozioni di un'altra persona senza cadere nel pregiudizio o nel moralismo. Detto ciò, si può amare contemporaneamente due persone con pari intensità e dedizione? Io aggiungo, malignamente, si possono amare contemporaneamente in senso biblico più persone? Il disappunto etico é incentrato sul profilo temporale? Cioè, é assolto chi nella sua vita sentimentale ama o ha amato più persone in tempi cronologicamente diversi e uno alla volta o chi ama contemporaneamente due o più persone allo stesso tempo ma in modo permanente? Si può affermare che il secondo caso é statisticamente irrilevante mentre avere avuto più compagni o compagne in tempi diversi durante la propria vita sentimentale é, nella casistica, molto più rilevante.

E allora? Forse la risposta a questi quesiti non esiste. Involontariamente e non certo nel senso universalmente accettato una risposta é implicita nell'affermazione del religiosissimo Blaise Pascal che appositamente modifico e che qui di seguito riporto:

                        "L'amore conosce ragioni che la ragione non conosce".