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giovedì 27 febbraio 2014

Il Sentimento della Conoscenza

Blaise Pascal


File:Pascal-old.png"Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce"

 Parola di Pascal. Eppure il filosofo e matematico francese del '600 era un pensatore razionalista. Enfant prodige, ebbe grandi meriti nel campo della fisica e delle scienze matematiche, in modo particolare sulla teoria delle probabilità, inventore della prima rudimentale calcolatrice. Si dedicò successivamente, dopo un grave incidente, alla filosofia ed alla religione entrando come laico in un'abbazia dove successivamente elaborò e scrisse le famose meditazioni riportate sul suo famoso trattato filosofico-religioso dei "Pensieri" da cui la frase in oggetto è stata riportata.
Nel tempo si è forse abusato nell'utilizzo dell'asserzione pascaliana. Spesso usata per contrapporre razionalità contro emotività, agnosticismo contro fede religiosa, scienza contro metafisica, ragione contro sentimento. Ma a ben vedere tutte queste contrapposizioni possono identificarsi ognuna come il rovescio di una stessa moneta che è rappresentata dell'essere umano che è attore di ognuna delle due entità. E' proprio, quindi, la capacità di pensiero umano ad elaborare e a definire i contorni di ogni disciplina all'interno della quale si formano le "ragioni" o i "sentimenti" della nostra specie. La scissione tra "cuore" e "mente" sembra portare ad un'insanabile visione totalizzante del mondo nella quale una deve per forza prevalere sull'altra, enumerando molti partigiani "perdenti causa" dall'una e dall'altra parte. Sì perché, se il cuore "sente" tramite l'irrazionale emotività, la capacità di percepire e di definire l'emotività deriva dalla  razionale capacità mentale di pensare. 
E allora? Potremmo arditamente, e con un po' di fantasia, fare un paragone con la fisica quantistica della materia: onda o particella? La materia, nella dimensione subatomica (esempio l'elettrone), è composta da  particelle che si comportano come onde o, meglio, onde che appaiono come particelle, nel senso che hanno caratteristiche sia dell'uno e sia dell'altro stato. Fisicamente, quindi, sono definite come onde-particelle superando l'ossimoro linguistico che derivava da vecchie teorie fisiche, concepite in un passato non troppo lontano, nelle quali la materia atomica aveva solo una dimensione corpuscolare che emetteva radiazioni. 
Quindi, traslato sul nostro esempio, cosa si può dedurre (razionalmente)? Che l'uomo è costituito, come del resto tutta la materia, da onde-particelle delle quali è impossibile (Hisemberg docet) distingurne nettamente i princìpi e le caratteristiche. Estremizzando con estrema imprecisione potremmo definire la mente umana come l'hardware che tramite il software del pensiero produce la conoscenza dell'emotività. Conoscenza intesa come presa di coscienza, cioè vera esistenza di un sentire che deriva dalla nostra unica condizione conosciuta cioè quella antropologica. Tutte, e rimarco tutte, le scoperte e le invenzioni dell'uomo sono avvenute grazie alle due inscindibili componenti di onda-particella della psico fisicità umana: mente/pensiero - cuore/sentimento. Lo studioso scienziato, per i successi e le scoperte scientifiche razionalmente raggiunti, ha usato sentimenti emotivi di caparbietà, curiosità, convinzione, passione per la propria disciplina scientifica e anche una certa dose di irrazionale fantasia mentre il mistico poeta artistico ha usato la razionale mente per produrre opere che smuovono il sentire emotivo.
Appunto, l'uno e l'altro, inscindibili facce di una stessa medaglia: l'essere umano.


mercoledì 19 febbraio 2014

Distopia

Tommaso Moro  (da vitadibruno.filosofia.sns.it)

 "Nessuno è divino che non sia umano, nessuno è umanissimo che non sia divino".

Questa affermazione è di Marsilio Ficino, umanista toscano del '400,  e si potrebbe considerare il motto incardinatore dell'umanesimo. Il movimento pone l'uomo al centro della vita terrena non più incondizionatamente subalterno allo spirito divino, ma in possesso di una propria autonomia intellettiva, capace di esprimere appieno l'idea dell'antica "humanitas" intesa come capacità dell'essere umano, tramite la ragione e l'intelletto, di portare al  superamento dei pregiudizi legati al concetto di diseguaglianza per razza, sesso, religione, cultura e, aggiungo io, di censo. Il perfezionamento di questo ideale, teorizzato già da parte della cultura romana da parte del cosiddetto "Circolo degli Scipioni", si concretizza ideologicamente nel '400 soprattutto nell'Italia signorile dei Medici e in Europa per merito di Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro. Quest'ultimo è l'autore, a mio avviso, del manifesto dell'umanesimo inteso come concezione moderna della società umana tramite la sua famosa opera letteraria "L'Utopia". Il titolo è già indice dell'intelligenza ironica del suo autore immaginando una società organizzata in U-Topos, "luogo che non può essere". L'isola che non c'è è un mondo dove la ragione umana trova la sua perfezione. Un lavoro sobrio dove l'uomo lavora un tempo limitato senza ammazzarsi di fatica, dove i beni sono equamente divisi e non di privata proprietà, dove lo stato è retto da una repubblica illuminata, dove la giustizia trova la ragione semantica del suo nome. Insomma, un posto perfetto e tautologicamente utopico!
E noi? Sì, dico, noi società del terzo millennio, a che punto siamo? Abbiamo scritto innumerevoli testi sulle motivazioni delle nostre umane sconfitte. Siamo anzi bravissimi nel genere opposto della distopia nel descrivere cioè società post-catastrofiste in cui l'uomo teorizza la sua costante incapacità di sconfiggere le ingiustizie, le ipocrisie, l'egoismo e l'atavica "avidità" di Gordon Gekko.
Abbiamo tutti un blues per piangere. A volte, però, vorrei ascoltare dell'altra musica.
 

martedì 4 febbraio 2014

E' Crisi Per Tutti

 Ovviamente l'alunno con gli occhiali è il secchione della classe.

Immagine tratta da: 
 https://scontent-a-mxp.xx.fbcdn.net/hphotos-frc3/t1/q71/1781862_10201232183312525_614355846_n.jpg