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giovedì 19 settembre 2013

Amico Fedele



A gatto Pompeo fuggito per amare e tornato per amore   

      


 Bussò una sera portato dal vento
Un sudicio micio dal manto d'argento
Aveva gli occhi color della giada
E nera la fame del gatto di strada

Il pelo malconcio e la zampa azzoppata
Saziò la sua pancia e passò la nottata
Fuggendo il destino e vedendosi morto
Restò nei paraggi cercando conforto

La sorte gli diede una grande fortuna
Trovare una casa con tanto di affetto
Per tetto non stelle e nemmeno la luna
Ma una piccola tana con un soffice letto

Lo splendido micio dagli occhi di giada
Incontrò la sua fine sull'orrida strada
Il corpo straziato e lo sguardo ormai spento
Bussò per morire e tornare nel vento

By  Eugenio Acran  Marzo 2005


         



  

mercoledì 4 settembre 2013

L'Indimostrabile Trascendenza Del Genio

Srinivasa Aiyangar Ramanujan 
Perché la nostra società così avanzata nelle scienze e nelle tecnologie non è in grado di dare maggior risalto e risonanza planetaria al genio? Perché la società commercializzata e consumistica non sa valorizzare anche economicamente il genio di molte persone dotate sicuramente di una capacità intellettuale superiore? Anzi, per paradosso, persone normalmente intelligente (ma spesso ignoranti) riescono a trasformare il prodotto della genialità altrui in usi commerciali ad alta redditività propria senza che il soggetto che le ha pensate, formulate e dimostrate ne tragga alcun vantaggio. Il modello di comunicazione dei media come TV, giornali, radio, internet, ma anche il medesimo apparato educativo risalta più l'apparenza che la sostanza. Si premia di più l'uso commerciale delle idee che i soggetti che hanno elaborato le applicazioni che poi hanno permesso di raggiungere tali successi. A volte si ha l'impressione che l'arte, avulsa dalla scienza, sia la materia alla quale l'uomo debba riconoscere il massimo della valenza monetaria. Attori, pittori, registi, stilisti, scrittori (spesso non molto intelligenti), presentatori, dj, cantanti, ballerini, cabarettisti e altri ancora, guadagnano una montagna di soldi come prodotto di uno star system che concentra tutto il suo potenziale economico sulla "mercanzia" di queste categorie di persone. Qualcuno mi dirà: "E' la legge dell'economia capitalistica, bellezza". Sicuro e incontrovertibile, ma se qualcuno andasse ad approfondire che valore esprimono gli scienziati ricercatore che enunciano nuove scoperte scientifiche nei campi delle scienze matematiche, fisiche, chimiche, biologiche, mediche, ingegneristiche, astronomiche ecc., proverebbe una grande delusione dal punto di vista economico personale in relazione al dispendio di energie e di fatiche che i soggetti in questione hanno profuso per il raggiungimento delle loro scoperte. Un senso di giustizia sociale dovrebbe permettere ad ogni scienziato di applicare una royalty ogni qualvolta una sua scoperta viene applicate nel mondo civile. Invece il massimo riconoscimento scientifico è dato dal premio Nobel (una tantum) che certo lascia insoddisfatto chi poi ha contribuito lo stesso al raggiungimento di importanti scoperte scientifiche e tecnologiche ma senza alcun tangibile riconoscimento.
Bisognerebbe però apportare anche una sostanziale modifica al nostro sistema educativo per poter rappresentare ed esaltare con maggior forza le vere "Stars" della nostra società civile: i ricercatori e gli scienziati. Tale risultato si ottiene però con scelte politiche che valorizzino lo studio delle scienze anche con una diversa ridistribuzione dei redditi. Si deve evidenziare quale importanza hanno nella storia dell'uomo le scoperte scientifiche che hanno permesso la sconfitta di numerose malattie, la conquista dello spazio, la sicurezza nel lavoro, l'utilizzo dell'energia, la velocizzazione dei trasporti e tutto il progresso tecnologico e scientifico in senso lato.
La foto sopra ritrae un famoso genio matematico indiano tamil morto a solo 33 anni (età fatidica!) negli anni venti del secolo scorso. Ramanujan è, secondo alcuni, il più misterioso e acuto genio che le scienze matematiche abbiano forse mai prodotto finora. Si è dubitato sul metodo da lui seguito adottato per le sue geniali formulazioni matematiche che lasciarono stupiti molti matematici occidentali del suo tempo. Ha lasciato parte consistente dei suoi studi su tre quaderni utilizzando un metodo non sempre organizzato e senza le dimostrazioni dei risultati raggiunti. Questo ha dato adito ai suoi critici per dedurre che forse non era in grado nemmeno lui di dimostrare ciò che aveva formulato. Se anche ciò fosse, rimane il fatto che Ramanujan ha formulato teoremi e scoperte sulla proprietà, sulle funzioni e sulle serie dei numeri ottenendo importanti risultanti anche nello studio dei numeri primi. Questo ragazzo, genio mistico orientale, è stato un anello fondamentale per le applicazioni della matematica moderna. A questo punto, al nostro prototipo di "homo pecunie" sorge subito una domanda: "quanti soldi ha fatto con le sue scoperte?". Niente: è morto giovane e quasi in miseria. Ci vorrebbe un poderoso testo con annesse formule per spiegare al nostro "homo pecunie" che i risultati raggiunti dal genio indiano sono all'interno di un'infinità di applicazioni che lui utilizza tutti i giorni per fare soldi, ma già alle prime righe di spiegazione egli sarebbe incapace di comprenderne una benché minima parte. Nulla di personale. Forse la stragrande maggioranza delle persone non sarebbero in grado di capire la valenza di tali teoremi e formule, ma sono sicuramente in grado di capirne la portata. Vorrei un mondo con meno pupi e ballerine e più Ramanujan da ammirare ed applaudire.

lunedì 2 settembre 2013

Natura Dello Spirito

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/e/e6/Bernard_of_Clairvaux_-_Gutenburg_-_13206.jpg
San Bernardo di Chiaravalle
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/88/Baruch_de_Spinoza_cover_portrait.jpg
Baruc Spinoza
« Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà. » 
Sembrerebbe una frase pronunciata da Spinoza nella cui filosofia di "conoscenza intuitiva", definisce "Deus Sive Natura", Dio cioè la Natura. Massimo esponente del pensiero religioso immanente e sintesi filosofico-teologica tra scienza e spiritualità divina. Invece no. E' un'affermazione di San Bernardo di Chiaravalle, monaco francese domenicano. Eppure due pensatori così filosoficamente lontani, esponenti di culture completamente diverse, lontani anche anagraficamente, si appellano alla natura che ci circonda per definire l'essenza dello spirito divino. Certo è che l'appello parte da presupposti completamente diversi ed arriva anche a conclusioni completamente diverse, ma la realtà che ci avviluppa e della quale siamo parte integrante ed interagente rimane un punto di riferimento anche per i teologi ed i filosofi. Sembrerebbe quasi che, ognuno per avvallare il proprio credo, il riferimento alla natura sia qualcosa di talmente forte e tangibile da poter essere utilizzato come un passepartout valido per ogni tipo di pensiero. Lo stesso cattolico santo dei santi, San Francesco d'Assisi, nel suo "Cantico delle Creature", tesse le lodi di Dio per il dono del creato. Ma anche in altre religioni la natura appare la massima espressione divina, parafrasi delle filosofie religiose che esprimono, spesso,  teologie complesse e di difficile comprensione. La natura, quindi, diventa il riferimento, la cartina di tornasole, che esprime le diverse tesi filosofiche sulle quali si basano le principali religioni. Rimane perciò un punto fermo per ogni approccio al pensiero divino: più lo studio scientifico della natura ci fa capire chi e dove siamo, maggiore è la probabilità di comprendere la Natura dello Spirito.