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lunedì 29 settembre 2014

Della Morte


Immagine tratta da: http://www.ilnavigatorecurioso.it/wp-content/uploads/2013/10/esperienze-di-premorte.jpg

Dalla lettera di Epicuro a Meneceo: "Abìtuati a pensare che per noi uomini la morte è nulla, perché ogni bene e ogni male consiste nella sensazione, e la morte è assenza di sensazioni. Quindi il capir bene che la morte è niente per noi rende felice la vita mortale, non perché questo aggiunga infinito tempo alla vita, ma perché toglie il desiderio dell'immortalità. Infatti non c'è nulla da temere nella vita se si è veramente convinti che non c'è niente da temere nel non vivere più. Ed è sciocco anche temere la morte perché è doloroso attenderla, anche se poi non porta dolore. La morte infatti quando sarà presente non ci darà dolore, ed è quindi sciocco lasciare che la morte ci porti dolore mentre l'attendiamo. Quindi il più temibile dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è la morte, quando c'è la morte non ci siamo più noi. La morte quindi è nulla, per i vivi come per i morti: perché per i vivi essa non c'è ancora, mentre per quanto riguarda i morti, sono essi stessi a non esserci."

Se si accettasse appieno le indicazioni dettate da questo passo filosofico della lettera di Epicuro al suo amico Meneceo, scomparirebbe quello che nella nostra era contemporanea viene definito come lutto per la scomparsa di una persona cara o membro rilevante della società a cui si appartiene. Il lutto è la rappresentazione del dolore provocato dalla scomparsa. La morte viene esorcizzata in un rito comune nel quale è di fondamentale importanza il credo religioso anche se privo di spiritualità. Tale rappresentazione ha assunto nel tempo caratteristiche diverse. Le funzioni religiose disposte in chiesa, riferite al rito cattolico, prevedono dei canoni ben precisi nel quale il sacerdote è l'unico esecutore preposto al rito funebre. La celebrazione del funerale religioso nel tempio divino rappresenta o, meglio, dovrebbe rappresentare il momento più alto per il superamento dell'idea di morte che corrisponde, in fase successiva, all'elaborazione del lutto in via definitiva con l'accettazione che l'anima del morto rivive in un'altra vita a noi promessa dalla stessa verità rivelata nella dottrina. Eppure, ad un'osservazione più attenta, ci si accorge che oggi difficilmente questo evento viene processato secondo i modi sopra riportati. Prende spesso il sopravvento l'emotività dell'assemblea che si esplicita in diversi momenti della funzione religiosa con interventi di vari membri della famiglia o di appartenenti della comunità del defunto. Si raccontano aneddoti, eventi, ricordi, frasi e momenti di vita della persona scomparsa, spesso con rappresentazioni fotografiche o video di momenti salienti della sua vita. Si accompagna la funzione con brani poetici, invocazioni retoriche, canti laici e musica alternativa che sono al di fuori dello spirito religioso. Avviene una spettacoralizzazione dell'evento in cui alcuni, in buona fede, cercano di suscitare il massimo dell'emotività e il raggiungimento di una parossistica commozione. Il tempo dedicato alla funzione religiosa diviene, a volte, marginale rispetto ai tempi dedicati da chi predispone un vero e proprio "spettacolo  in memoria del defunto". Ci si rammarica nel vedere che alcuni dispongono il proprio intervento più per cogliere un loro momento di gloria che cercare di raccontare un accorato e disinteressato ricordo del defunto. Alcuni partecipanti dell'assemblea si dedicano al reportage giornalistico con scatti fotografici o registrazioni di video. Il sacerdote? Dopo aver fatto anche lui il suo intervento nell'omelia, spesso si eclissa come spettatore assorto dalla rappresentazione o rimane coinvolto involontariamente nella stessa spettacolarizzazione.
Sia ben chiaro che questa non è una critica bigotta e tradizionalista alle funzioni funebri religiose del nostro tempo anche perché, per fortuna, non tutte avvengono nel modo sopra esposto e poiché, ad un attento lettore, non sarà sfuggito che il passo di apertura di questo post è tratto da una lettera di Epicuro, filosofo inviso a tutte le religioni, il quale nega il lutto della morte per il morto in quanto morto e per i vivi in quanto vivi. Il dubbio ci prende, nel vedere questi momenti di commozione, nel pensare che a qualcuno sfugga il senso degli atti e dei gesti che dovrebbero essere propri di un credo religioso di spiritualità che si identifica in un momento di raccoglimento nel quale l'ultima cosa che si dovrebbe fare è la spettacolarizzazione dell'evento stesso. Ci sono altri luoghi ed altre forme per poter estrinsecare e dar sfogo a quella lecita pretesa di non dimenticare la figura del defunto, ma quei luoghi non sono certo le chiese o i santuari in cui l'unico pensiero immemore deve essere rivolto alla divinità a cui tali luoghi sacri sono stati eretti e per cui il defunto, per chi ha fede, resterà immortale per l'eternità.

martedì 16 settembre 2014

Pensiero Nullo

 
Vignetta tratta da: http://nonciclopedia.wikia.com wiki/File:Uomo_che_esprime_il_suo_concetto_di_libert%C3%A0_di_pensiero.jpg

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