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mercoledì 29 marzo 2017

Simplex Sigillum Veri

Ludwig Wittgenstein - 1889/1951

"Le risoluzioni dei problemi logici devono essere semplici, poiché sono esse a porre il cànone della semplicità.
Gli uomini hanno sempre intuìto che vi debba essere un campo di questioni le cui risposte - a priori - siano simmetriche e unite in una conformazione conclusa, regolare. Un campo ove valga la proposizione: Simplex sigillum veri."  

Questa affermazione del filosofo austriaco del novecento enunciata nel suo Tractatus logico-philosophicus, testo tra i più importati per la logica moderna, è un assioma fondamentale la cui applicazione determina l'intera struttura della logica. L'intera opera di Wittgenstein, non di facile comprensione, nonostante la tecnicità del simbolismo e la complessità riguardante la parte trattata sulle funzioni proposizionali di verità, ha squarci illuminanti accompagnati da chiare esemplificazioni. Le argomentazioni del trattato vertono sul significato delle proposizioni e sugli oggetti che le compongono che determina una forma "fissa" del mondo e quindi ne danno una chiara e, appunto, semplice spiegazione. Detto questo ci sono alcune parti in cui il filosofo applica queste sue affermazioni con esempi che impongono al lettore delle leggi ritenute da lui inossidabili e fondamentali come ad esempio: "tutto ciò che nella logica è possibile è anche legittimo", enunciazione alquanto pesante anche dal punto di vista logico. Per confermare tale enunciazione egli fa l'esempio della frase: "Socrate è identicoaffermandone l'insensatezza in quanto l'aggettivo "identico", come affermazione solitaria, non possiede nessuna proprietà proposizionale in quanto manca di parte essenziale del complemento.
Mi sono però chiesto se questo esempio e questa affermazione possa valere anche su frasi del tipo: "Cesare è pari" che determina una insensatezza sia che il vocabolo "pari" sia usato come aggettivo che come sostantivo perché nel primo caso manca la determinazione del sostantivo di complemento e nel secondo caso il termine di paragone. Ma ciò è vero?  Applicando il "simplex sigillum veri" ovvero, in modo del tutto  arbitrario e personale, il così detto rasoio di Ockham il quale prevede che l'utilizzo minimo delle esplicazioni sia anche il più corretto e veritiero, potrei affermare che tale frase è sensata, completa e vera. Cesare è infatti nome proprio di persona composto da sei lettere dell'alfabeto e il numero sei è un numero pari per cui la spiegazione logica proposizionale si esplicita nel fatto che il soggetto è a complemento dello stesso aggettivo pari. E' vero che ciò avviene per mezzo di passaggi logici sottointesi nei quali si potrebbe insinuare la molteplicità delle interpretazioni, ma che l'affermazione sia parte di quelle argomentazioni che determinano la forma "fissa" del mondo è innegabile. Se infatti sostituisco alle lettere dei numeri l'affermazione resterà sempre vera se conto ogni singolo numero come singolo oggetto e resterà sempre vera anche se invece di utilizzare il nome proprio di persona "Cesare" utilizzassi una serie di lettere in numero pari a caso dell'alfabeto. Non sarebbe più vera se si utilizzasse come soggetto qualsiasi segno in numero dispari oppure numeri legati algebricamente fra loro che diano come risultato un numero dispari.
La conseguenza di ciò la esplica lo stesso Wittgenstein nel medesimo trattato: "Il rasoio di Ockham naturalmente non è regola arbitraria o giustificata del suo successo pratico: Esso detta che unità segniche non necessarie non significano nulla. 
Segni che servono ad un fine, sono logicamente equivalenti; segni che servono a nessun fine, sono logicamente privi di significato".
Principio palesemente violato dal mio esempio sopra descritto in quanto lo scopo non era determinare la falsità o la verità della proposizione stessa, ma il suo significato
 

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