Alessandro Bergonzoni - ReAttore Semantico
Foto tratta da:
Δισσοὶ λόγοι
Dissòi lógoi, Alexòi Bergonzòi!!
lunedì 30 marzo 2015
lunedì 16 marzo 2015
Il Regolo
Franceso Mazzola Parmigianino - Disegno di giovane donna
Rime dorate
Dissolvono le voci
Perenni dirupi
Dissanguano le menti
Cupi retaggi
Avvolgono gli inganni
Grida nel vuoto
Distolgono gli sguardi
Veglie notturne
Dissipano le ipotesi
Rari passanti
Calpestano il passato
Diafane idee
Trapassano il mondo
Menti salienti
Disegnano il futuro
By Eugenio Acran
By Eugenio Acran
giovedì 5 marzo 2015
Per Un Amico
Foto di Eugenio Acran
La morte è come un viaggio.
Sei solamente andato da un'altra parte.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora.
Ti chiamerò con il nome che ti ho sempre dato, che mi è familiare.
Ti parlerò nello stesso modo affettuoso che abbiamo sempre usato.
Non cambierò tono di voce non avrò un'aria solenne o triste.
Continuerò a sorridere per tutto ciò che ci faceva divertire.
Di quelle piccole cose che tanto ci prendevano.
Penso sempre alla tua serenità e al tuo modo ironico di affrontare la vita.
Pronuncerò il tuo nome come se tu fossi qui vicino a me.
Senza alcuna esitazione o malinconia.
La vita conserva il significato che ha sempre avuto per noi: semplicità.
Una catena integra che non si spezza.
Ritroverò il tuo spirito.
Il nostro sorriso sarà la nostra pace.
Liberamente tratto da Sant'Agostino di Tagaste vescovo d'Ippona
martedì 3 marzo 2015
Dalla Parte Di Uria
a) Epitome Il re d'Israele, Davide, si invaghisce di Betsabea, stupenda moglie di Uria l'ittita che è uno dei suoi più valorosi ufficiali. Mentre costui è al fronte in guerra conto gli Ammoniti, il re se ne sta nella sua reggia a Gerusalemme e, travolto dalla visione della donna che fa il bagno, la invita discretamente a corte e la impalma nel suo talamo. Tutto filerebbe liscio se la donna non restasse incinta. Davide teme lo scandalo che potrebbe travolgerlo e fa richiamare dal fronte Uria con la scusa di consegnarli un messaggio per Ioab, il capo dell'esercito. Quando Uria arriva a corte il re lo invita ad andarsene a casa per prendersi un po' di riposo e restare con la propria moglie prima di ripartire. Uria non intende assolutamente andarsene a casa e giacere con la propria moglie mentre i suoi compagni sono al fronte in pericolo di vita. Pianta la tenda nei pressi della reggia e attende gli ordini. Davide risolve la faccenda consegnando ad Uria una missiva segreta da consegnare a Ioab. L'ordine segreto dato al comandante in capo è quello di mandare Uria in una missione di guerra impossibile dalla quale ritornerà solamente morto. E ciò avvenne.
Per Davide il problema è risolto, ma non per Dio che gli fa comprendere l'orribile peccato commesso tramite il profeta Natan. Davide si pente e Dio lo perdona. Da Betsabea, che diviene sua moglie, avrà il figlio Salomone che regnerà dopo di lui e dalla sua stirpe, secondo il cristianesimo, discenderà il Messia.
b) Deduzione Da ciò si può comprendere la grande differenza tra giustizia divina e giustizia umana.
c) Epilogo Di Uria più nessuna notizia, nemmeno dal cielo.
d) Commento Io sto dalla sua parte.
lunedì 23 febbraio 2015
Manifesto Futurista
"Il Ciclista" - Dipinto di Mario Sironi
Corre veloce l'ignoto
Tuona il cannone in trincea
S'alza come un'alta marea
Che travolge il callido moto
Testamento Ontologico
Foto tratta da : www.meteoweb.eu
Non c'è traccia di noi
Nessuno ne parla
Fervente speranza
Delude l'illuso
Dell'essere immanente
Che trascende nell'ente
Nell'inganno del tempo
Nell'eterno infinito
sabato 21 febbraio 2015
Unità D'Intenti
Immagine tratta da www.twcenter.net
Giulio Cesare racconta che durante la guerra gallica, in
cui egli stesso fu comandante supremo e di cui egli ne descrisse in modo
sublime le fasi salienti nel “De bello gallico”, l’esercito romano perse
tragicamente una legione. Già perdere delle coorti, che erano frazioni di una
legione, era di per sé un fatto grave, figuriamoci cosa poteva rappresentare
per un comandante perdere un’intera legione: un evento funesto.
L’ottava
legione, che si era formata da poco, fu
mandata a porre il campo invernale
presso il popolo gallico degli Eburoni il cui governatore si chiamava
Ambiorige. Poiché questa legione era più numerosa delle altre (erano infatti state
aggiunte delle coorti in più, quasi a formare due legioni), a capo di essa
furono posti due generali: Quinto Tiburio Sabino e Lucio Aurunculeio Cotta
(quest’ultimo lontano parente di Cesare). Ora un bel giorno Ambiorige, dopo
aver fomentato una rivolta contro la presenza del campo romano sul suo
territorio, chiese ai due comandanti un’udienza. L’udienza fu concessa ed egli,
con fare ingannevole, fece credere ai messi inviati dai due generali, che tutta
la Gallia si stava sollevando e che lui, per ricambiare i numerosi favori
ottenuti in passato da Cesare, consigliava ai comandanti romani di abbandonare
il campo e di raggiungere la legione romana più vicina alla loro, che si
trovava a circa cinquanta miglia e che
era comandata da Quinto Cicerone, fratello minore del più noto Marco Tullio. Anzi, per fornire prova
della sua amicizia con i romani, si offriva egli stesso con le sue truppe per
scortare la legione fino ai confini della regione da lui controllata.
La sera stessa i comandanti
discussero la proposta di Ambiorige e mentre Sabino credeva alle parole del
governatore gallico e voleva abbandonare con l’intera legione il campo, Cotta,
al contrario, non credeva all’Eburone e voleva rimanere asserragliato
all’interno del campo, considerando che le provviste erano abbondanti e che i
soldati romani erano maestri sia nel fare sia nel subire gli assedi. Si scatenò
un violento alterco fra i due comandanti, ognuno sostenuto da una parte degli
ufficiali e dei centurioni a loro più vicini, in cui volarono parole pesanti e
si fu ad un passo che il tutto degenerasse in una zuffa. Dopo parecchie ore di
discussione e a notte ormai inoltrata, Cotta cedette e si lasciò persuadere a
adottare la linea di comportamento caldeggiata da Sabino. Al mattino seguente
l’intera legione abbandonò il campo e si mise in marcia per raggiungere la
legione di Cicerone. Caddero in una vile imboscata e furono trucidati quasi
tutti, compresi i due generali romani. I pochissimi superstiti raccontarono poi
a Cesare dell’accaduto ed egli ne rimase profondamente turbato.
Chi dei
due, tra Sabino e Cotta sbagliò e chi era nel giusto? Meglio, quale delle due
analisi adottare per affrontare al meglio le scelte strategiche? Tra
Sabino e Cotta si può affermare: ciascuno aveva ragione e ciascuno aveva torto.
La loro grave mancanza non consistette nella scelta effettuata, ma come la
effettuarono: in apparente accordo, sostanzialmente in disaccordo. Gli ufficiali e la truppa uscirono già demoralizzati e disorientati dal
comportamento tenuto dai loro comandanti e questo minò il loro spirito di
abnegazione e la loro fiducia nella salvezza. Come insegnò poi Cesare in
numerose altre battaglie da lui condotte, l’unità d’intenti e lo spirito di
corpo è la prima regola per il mantenimento della fiducia e nella riuscita
della vittoria.
Morale: le scelte sono importanti, ma l'unità d'intenti spesso ne determina gli esiti.
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