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lunedì 21 maggio 2018

Demonocrazia

Immagine tratta da : https://www.aforismario.net/


In un recente dibattitito televisivo, un noto economista e professore in una delle facoltà più blasonate d'Italia affermò che qualsiasi decisione di carattere politico-economica scelta in forma democratica dalla maggioranza dei cittadini è indiscutibile e deve essere applicata tout court. L'intervistatrice incalzò il professore chiedendogli se tali scelte politico-economiche, decise dalla maggioranza dei cittadini per il tramite dei suoi rappresentanti politici che ne hanno dettato le linee guida, fossero applicabili anche nel caso in cui tali decisoni avrebbero potuto nuocere in modo profondo e deleterio sul tessuto economico-sociale della popolazione. La risposta del professore fu perentoria e decisa: "Tutto ciò che il popolo decide democraticamente come maggioranza deve essere deliberato e applicato dalle forze politiche che sono da esso state elette, senza se e senza ma. Punto." La risposta avrebbe tutta l'aria di una provocazione ma, nel silenzioso sguardo stucchevole del professore, l'affermazione suonò come un'inossidabile e fondamentale principio del sistema democratico di in paese moderno e politicamente evoluto. 
Mi sono chiesto: "Questa affermazione è sempre giusta e valida?" Io non credo. Uno stato sovrano e democratico è tale se, nel corso della sua storia, si è dotato di statuti, istituzioni, norme e leggi che sono state pensate, elaborate e applicate in seguito a un serie di accadimenti e esperienze del passato che spesso, per la sua storia, si sono rivelate drammatiche e estremamente negative. La democrazia si rivela un ottimo sistema politico se, e solo se, ha al suo interno una serie di istituzioni previste dal suo organismo giuridico dotate di norme che prevedano di fornite a esse un contro-potere che limiti l'eventuale e chiara sopraffazione di una maggioranza in relazione al sistema di tenuta democratica del paese stesso. Spesso si ricorda, a ragione, che nefasti sistemi dittatoriali sono riusciti a salire al potere di una nazione per mezzo di elezioni democraticamente svolte senza eccepire alcuna mancanza sulla procedura democratica di elezione. Il nodo debole della questione rimane, appunto, sull'impianto giuridico e istituzionale che preveda organi che non consentano in ogni caso, nemmeno ad una maggioranza che elegga democraticamente un gruppo dirigente, di derogare da un codice etico minimo nel quale la minoranza deve essere salvaguardata e garantendo a essa, per il futuro, la possibilità di diventare a sua volta maggioranza e di poter governare anch'essa. Tale regola vale, a mio avviso e ancora di più, per gli impegni che una parte politica può avere sottoscritto su trattati nazionali o internazionali anche se tali trattati sono stati sottoscritti a suo tempo dalla parte politica avversa. Solo se tali trattati fossero palesemente in contraddizione con le regole minime di cui sopra oppure siano sopravvenuti degli eventi che li rendono nulli o annullabili allora si possono disconoscere. Lo stesso dicasi per norme promulgate dalla parte vincitrice alle elezioni democratiche che potrebbero portare il paese verso un chiaro e evidente collasso economico o arrecare danni profondi alle stesse istituzioni politiche e civili. Si osserva che spesso il corpo dell'elettorato non è preparato per conoscere a fondo le problematiche politico- economiche-sociali del proprio paese e, forse, nemmeno è tenuto a saperlo anche se, a dire il vero, ogni cittadino degno di questo nome dovrebbe avere una minima conoscenza delle regole e della normativa vigente.  Un programma elettorale che preveda, in caso di piena applicazione, delle evidenti conseguenze che impegni in modo drastico e pernicioso le future generazioni con la possibilità di cadere in un default economico e istituzionale sono da proibire tout court. Senza se e senza ma.

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