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lunedì 13 ottobre 2014

L'Insostenibile Percezione Della Diversità

Questa racconto è tratto da un episodio realmente accaduto.

Immagine tratta da: www.meditare.net  
 In un passato non molto remoto spesso si veniva tacciati di provincialismo. Oggi molte persone si dichiarano apertamente contrarie alla globalizzazione. E' evidente che il  movimento odierno "no-global" nasce da presupposti puramente economici ed a protestare sono spesso movimenti multietnici, politicamente corretti e globalizzati. Sono le contraddizioni umane, spesso non percepite, che provocano ossimori semantici che decadono in cortocircuiti ideologici di difficile definizione. Se l'economia deve essere preservata nelle diversità locali, ciò non accade nella biodiversità in quanto il quasi azzeramento dei tempi di percorrenza degli spazi ha di fatto reso globale la società umana. I popoli del quarto(!) mondo, loro sì, purtroppo, sono oggetto di una non globalizzazione intransitiva di merci e denaro di cui le colpe sono sempre evidentemente riposte nei paesi maledettamente globalizzati e sfruttatori, nonché affollatamente transitivi. Non addentrandoci oltre nelle incongruenze economiche globali, di seguito riporto un racconto tratto da un episodio realmente accaduto nel nostro paese in un'epoca di gradevole benessere deglobalizzato.

Troppi anni fa ebbi un'occasione che forse molti giovani di oggi, soprattutto i meno abbienti, vorrebbero li capitasse almeno una volta nella vita. L'azienda per cui lavoravo da un discreto numero di anni mi propose di trascorrere un congruo numero di mesi in un percorso formativo di stage presso una società collegata la cui sede era situata nella città di Milano. Avevo vissuto fino ad allora in una piccola città di provincia e lavoravo in un media città capoluogo della stessa provincia. Avevo fatto alcuni viaggi a titolo personale e avevo visitato, solo per pochi giorni, alcuni paesi stranieri confinanti. Il mio curriculum di esperienza viaggiante era quindi molto ridotto. Partivo quindi con la curiosità di vedere una grande città nel vissuto quotidiano, nel movimento della gente, nell'incontro con persone di diversa estrazione culturale e sociale. Dopo qualche settimana di ambientamento, ebbi l'opportunità di stringere amicizia con alcuni colleghi della società partecipata preposti al mio indottrinamento aziendale. La cosa molto curiosa era che quasi tutti erano di origini esterne non solo alla città di Milano, ma anche alla regione Lombardia. Potrei affermare che in quella società si era avverata, ante litteram, una mini-globalizzazione a livello nazionale. Ogni giorno qualcuno di loro mi invitava cortesemente ad uscire assieme per la pausa pranzo. A dire il vero, anche a causa della pausa che di solito era molto breve, più che di pranzo si poteva parlare di uno leggero spuntino molto spesso a base di qualche tramezzino o di un'insalata o, al più, di una coppa di macedonia con yogurt o gelato. La cosa molto interessante, a parte il parco cibo, era che in quello spazio ridotto di tempo il collega che mi accompagnanva incontrava sempre altri colleghi di altre aziende con cui scambiare un po' di chiacchiere. Arrivò un fatidico giorno in cui, con il collega di turno con cui ero uscito, incontrammo un'altra coppia di colleghi di un'importante società multinazionale (una rarità per quei tempi). Mi colpì subito che uno dei due era di colore. La cosa che mi stupì ancora di più fu che il tipo "color" parlava in perfetto milanese. Subito pensai, tra me e me, che era un figlio adottivo proveniente da chissà quale oscuro e polveroso anfratto della terra. Dopo qualche scambio di convenevoli mi accaparrai subito la conversazione con il soggetto, curioso di capire chi era e da dove veniva. Fui subito accontentato. Il misterioso individuo era un indiano di Mumbai, "cittadina" di circa 15 milioni di abitanti nella costa occidentale dell'oceano indiano. Era di padre indiano, madre Urdu, nonna materna bengalese, nonno materno pakistano, nonna paterna iraniana di origini inglesi, il tutto spiegato in limpido milanese ma, volendo, me lo avrebbe potuto declamare anche in lingua hindi o in inglese o in dialetto urdu o in parsi (lingua della moglie). Le sorprese per me non erano finite. La sua "umile" estrazione lo aveva portato a trasferirsi quand'era ancora giovane, diversi anni prima,  a Milano con un incarico dirigenziale di un'importante filiale di una multinazionale di cui il padre era un rilevante azionista. Una cosa a quel punto fu certa: il "color" tra i due ero decisamente io. Figlio di operaio e madre casalinga, parlavo discretamente bene l'italiano, poco il milanese, un inesistente l'inglese, un po' di francese, ma perfettamente il patois de Venise, la mia lingua madre. La sfida però mi attizzò molto e, a causa della mia innata curiosità e loquacità, tentai di torchiare (usando come lingua uno pseudo milanese) il mio interlocutore fino all'osso per capire veramente quanto fosse "diverso" l'individuo umano che mi trovavo difronte. Ebbi subito un'idea brillantemente provinciale di chiedergli se conoscesse Madre Teresa di Calcutta. Risposta ovviamente affermativa visto che era ospite nel paese cattolico per antonomasia. Mi precisò, anzi, che era stato molte volte a Calcutta perché era la città in cui da giovane si era trasferita la nonna materna. A quel punto, vista la mia palese inferiorità censorio-linguistica, decisi di sfidarlo sul campo morale dell'etica aristotelico-cristiana e gli chiesi cosa pensasse dell'opera caritatevole di Madre Teresa. A quella domanda l'Indi mi guardò perplesso come se avessi detto una cosa fuori luogo. A questo punto vale proprio la pena di riportare la sua risposta anche se non sarà proprio negli identici termini in cui mi fu data.

"Dal punto di vista laico e sociale Madre Teresa é vista da noi indiani come una consolatrice dei moribondi. La cosa cambia se osserviamo il fenomeno dal punto di vista religioso. La religione Induista è totalmente diversa della religione cristiana. Esiste nella nostra religione la legge del Karma secondo la quale, dopo la morte biologica, lo spirito trasmigra e si rinasce a nuova vita. La natura di questa nuova vita é determinata dai comportamenti che lo spirito, nelle vite precedenti, ha tenuto secondo la legge divina. Si delinea, quindi, una scala di valori secondo la quale la reincarnazione può essere a migliore o a peggiore condizione rispetto alla precedente. Questo canone religioso porta a quello che viene descritto come regime delle caste. La declinazione classica ne prevede quattro. Poi ci sono i paria, gli oppressi, che non appartengono ad una casta e sono chiamati anche gli intoccabili. Nonostante la costiuzione Indiana del 1949 preveda la parità tra tutti i cittadini, rimane ancora profonda l'istituzione delle caste anche se, dal punto di vista sociale e politico, non sono più ritenute determinanti come nel passato. Il popolo considera l'ordine religioso di Madre Teresa di Calcutta come un'associazione benefica che aiuta e conforta i derelitti. L'induismo osservante e tradizionalista giudica l'operato di Teresa come un'intromissione alla volontà superiore divina che porta, paradossalmente, a peggiorare la situazione spirituale degli stessi paria che non scontando fino in fondo la pena inflitta per le mancanze commesse nelle vite precedenti potrebbe avere, in base alla legge del Karma, la conseguenza di un ulteriore peggioramento delle punizioni nelle reincarnazioni successive. La religione Induista é molto complessa ed articolata ed é una religione molto lontana dalle tradizioni culturali e religiose dell'occidente."

Nemmeno sul terreno etico e religioso riuscii a mettere in difficoltà il mio colorato e raffinato interlocutore.





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